L’incontinenza urinaria nella donna è spesso chiamata “malattia silenziosa” perché le donne che ne soffrono, raramente ne parlano al proprio medico.
L’incontinenza urinaria viene definita come la perdita involontaria di urina tale da determinare problemi igienici, economici e sociali. Tale disturbo colpisce prevalentemente il sesso femminile e la sua incidenza aumenta dai 35 anni in poi. Le pazienti risultano spesso riluttanti ed esporre tale problema in parte per l’imbarazzo, in parte per la convinzione che si tratti di una condizione “parafisiologica” (“normale”) legata all’età ed in ultimo per la scarsa conoscenza delle possibili terapie. Nel maschio l’incontinenza urinaria è meno frequente, di solito legata ad interventi sulla prostata per patologia tumorale, ma è almeno invalidante. Può essere trattata con buoni risultati.
L’incontinenza urinaria viene classificata in differenti modi ma dal punto di vista clinico possiamo distinguere:
L’incontinenza da sforzo che consiste nella perdita di urina in conseguenza di aumenti della pressione addominale quali colpi di tosse, starnuti, ecc., può essere legata ad alterazioni dei muscoli del pavimento pelvico, o a deficit intrinseco dello sfintere urinario. Tutti i fattori che possono determinare tali alterazioni come l’età, il parto e la gravidanza, la menopausa, l’obesità e il fumo risultano predisponenti.
L’incontinenza da urgenza legata a perdite che si verificano in conseguenza di uno stimolo impellente di urinare. Le perdite urinarie in questo caso sono legate ad una iperattività del muscolo detrusore della vescica, che può essere di tipo idiopatico o secondario (infezioni urinarie, litiasi vescicale, neoplasie vescicali, ecc.)
Nell’incontinenza mista invece, che rappresenta la maggioranza dei casi, le perdite urinarie si verificano sia sotto sforzo che per iperattività del detrusore. In Italia si stima che la incontinenza urinaria di tipo misto rappresenti la maggioranza dei casi, tra il 55 e l’83%, l’incontinenza da stress pura, tra il 4,6 ed il 16,6% dei casi.
Il corretto inquadramento diagnostico dell’incontinenza urinaria permette l’approccio terapeutico più mirato. Un attento colloquio e la visita uro-ginecologica rappresentano il primo step che permette di inquadrare il problema. Il diario minzionale è uno strumento molto utile per valutare il tipo di incontinenza e quindi per la successiva pianificazione terapeutica. L’esame uro dinamico (indicato in caso di correzione chirurgica) permetterà di comprenderle la dinamica minzionale, la funzionalità sfinterica ed infine di classificare definitivamente le perdite urinarie. Alla fine del percorso diagnostico potrà essere definito un piano terapeutico adeguato e mirato alla specifica alterazione da correggere.
La terapia dell’incontinenza urinaria
Prevede:
La terapia riabilitativa: prevede esercizi specifici associati ad elettrostimolazione che mirano a rinforzare la muscolatura del pavimento pelvico e lo sfintere urinario.
Terapia Laser: Oggi l’introduzione del Laser sta dando un contributo importante al miglioramento dell’incontinenza urinaria da sforzo di grado lieve. Tale trattamento risulta poco invasivo, veloce e efficace.
La terapia farmacologica: è rivolta a trattare l’iperattività idiopatica del muscolo detrusore. In caso di iperattività secondaria sarà necessario intervenire sulla causa specifica (infezione urinaria, calcolo vescicale, neoplasia, ecc.)
Il trattamento chirurgico: invece, si avvale di interventi che hanno lo scopo di correggere selettivamente l’alterazione che ha determinato l’incontinenza urinaria: vanno da trattamenti endoscopici (rinforzo dello sfintere urinario mediante iniezione periuretrale di varie sostanze) a quelli mini-invasivi (TVT, TOT ecc.) a trattamenti chirurgici più complessi con approccio addominale. La scelta del tipo di trattamento dipende dall’alterazione da correggere e dalle caratteristiche della paziente.